5 maggio 2019

Un inno alla libertà - Il Faro di Paco Roca






Paco Roca si è affacciato oltre il mio pianerottolo per la prima volta con Rughe, quel suo racconto struggente sul morbo di Alzhaimer, l’anzianità, la decadenza della mente/persona, che se non hai letto, ti consiglio caldamente.
Nonostante ammetta mi ispirino sempre moltissimo, non so mai bene come destreggiarmi in quest’universo di tavole e colori, la mia troppa incompetenza in materia di graphic novel mi impedisce di scovare titoli e autori meritevoli, o più che altro, di apprezzarne appieno il talento.

A Natale, però, mi sono trovata sotto l’albero lui, Il Faro.
Reduce dalla lettura di Patria – di cui vi devo ancora parlare?! - è stata la sua lettura complementare. Vi è mai capitato di trovare letture che si allacciano, quasi perfettamente, regalandovi un orizzonte più ampio?
Le tavole di Il faro si sono intrecciate con le parole di F. Aramburu ed ho sentito per la prima volta le fiamme della guerra civile spagnola bruciarmi sulla pelle.
Il Faro è il racconto delicato e poetico di un incontro importante, oserei dire esistenziale.
È la storia di Francisco, un giovane soldato repubblicano appena diciottenne in fuga, il quale non sa dove rifugiarsi: ha da una parte la frontiera e i campi di concentramento, dall’altra i fascisti e la fucilazione.
Nel tentativo di raggiungere il mare si accorge di perdere sangue dalla testa e sviene.
Mai risveglio fu più dolce.
È qui che inizia la narrazione: con il mare, un faro, il guardiano Telmo, e Francisco.
Due personaggi antitetici che illuminano una storia dal ritmo lento e rassicurante, cullata dall’oscillare delle onde.
Il tratto dalle linee essenziali, mai troppo pulito, il disegno semplice, ma caldo nella sua mezzatinta, danno corpo ai personaggi, mettendo in risalto la figura luminosa di Telmo, inguaribile ottimista, e le ombre di Francisco, abbruttito dalla guerra alla ricerca di speranza, pace e tranquillità.
È una narrazione che mescola sapientemente realtà e finzione, ma soprattutto che con la sua dimensione onirica omaggia la letteratura marinaresca.


E se da un lato Telmo sogna di far brillare nuovamente la luce del faro, sostituendo quella lampadina rotta e irreperibile per colpa della guerra, Francisco si fa abbagliare dai racconti del guardiano; Ulisse, Gulliver, Simbad, sono nomi che riecheggiano di libertà nella sua mente e coltivano la sua immaginazione.
Ma Il Faro è anche un intrecciarsi di richiami e significati che invitano il lettore ad una riflessione sull’ideologia e sulla depersonalizzazione che accompagnano inevitabilmente la guerra.
È un inno alla libertà, all’imprescindibilità dei sogni e delle aspirazioni che commuove con delicatezza e dolcezza.

Le sue pagine trasudano libertà: quella della brezza marina, dello stridere dei gabbiani in volo, della schiuma delle onde a riva, dell’aria salmastra nei polmoni.
Paco Roca ti ricorda che c’è di più dietro ad una possibilità, una convinzione perché, in fondo,“sarebbe da pazzi lasciare tutto perché è solo un sogno” e aggiungerei, sarebbe sciocco non lasciarsi scalfire e perpetuare in ideologie sterili.

Quindi, lettore, cosa aspetti? Forse è il momento di aggiungere un pizzico di Paco Roca nella tua vita.

Con affetto,
Claudia


#Notedicarta
When I'm small, Phantogram

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