17 marzo 2019

Frankenstein e il piacere di leggere i classici





Ti ho chiesto io, creatore, dalla creta 
Di farmi uomo? Ti ho sollecitato io 
A trarmi dall’oscurità?

Paradiso Perduto, X, 743-45

Bisogna leggere i classici.
Quei classici brutti e cattivi che fanno tanto paura, perché datati e quindi obsoleti, inavvicinabili per un bagaglio culturale troppo ingombrante, per le analisi del testo approfondite e a volte fin troppo rigide, per il timore reverenziale accompagnato dalla sindrome del chi-sono-io-per-leggere-Dostoevskij-Proust-Omero-chicchessia.
Ma del perché, tu lettore, dovresti leggere più classici e goderti la lettura con serenità e grande curiosità, parleremo più avanti nel tempo.
Oggi, se me lo concedi, vorrei invece proporti un libricino che, sì è un classico, ma è appetibile a chiunque e soprattutto, assai godibile. Un buon punto di partenza, insomma, se ti senti affetto da qualche strana patologia del lettore timoroso.
Sto parlando del celebre (-issimo) Frankenstein - il moderno Prometeo di Mary Shelley.
Sì, la trama credi di conoscerla a memoria, complici le numerosissime pellicole cinematografiche.
Sì, pensi di saperne già abbastanza, e poi l’horror non fa per te.
Ma, caro mio lettore, oggi ti dimostrerò che puoi leggere un classico di cui credi di sapere tutto e ricrederti, perché in fondo ti sei perso tante cose e perché potresti farti una tua idea che esula ampiamente dai manuali di letteratura.
(E io aggiungerei un ma ben venga!)

Ti dico tutto questo, perché anche io sono stata vittima degli stessi pregiudizi.
Non avrei mai letto Frankenstein ed avrei ignorato Mary Shelley; mi sarei limitata ad un’associazione autore-libro basilare, convinta che le mie conoscenze sul romanzo gotico fossero sufficienti, e che non necessitassero di approfondimenti.
Poi ho visto Mary Shelley – un amore immortale una serata d’agosto, una pellicola biografica che ritrae la vita dell’autrice, con qualche incongruenza, lo ammetto.
Ciò che conta però è: è stato piacevole, mi ha incuriosita, ma soprattutto mi ha fatto capire che io di Frankenstein non sapevo ancora nulla.



Frankenstein viene concepito nell’1816 nella villa Diodati, sul lago di Ginevra.
Un gruppo di poeti e letterati, tra i quali la nostra Mary Wollstonecraft Godwin e Percy Bysshe Shelley, isolati per il maltempo, decidono su proposta di Lord Byron di comporre ciascuno un racconto che sia il più terrificante possibile.
La pioggia però non dura a sufficienza per comporre un cosiddetto “Decameron del terrore”.
Solo Mary, la quale diventerà una Shelley poco dopo, decide di proseguire nella stesura del suo racconto anche dopo quella notte.

«Eravamo in quattro […] Io mi detti molto da fare a pensare una storia, una storia che parlasse alle misteriose paure sepolte nella nostra natura […]» 
Mary Shelley

Frankenstein non può essere definito semplicemente un romanzo gotico, è piuttosto pioniere di un genere ibrido. Qui sta la forza di una storia che sarà sempre godibilissima, con tematiche che saranno sempre attuali, nonostante possano essere utilizzate chiavi di lettura differenti con il passare degli anni e magari gli ingredienti del terrore, della paura, del disgusto possano passare in secondo piano, essendo il lettore moderno abituato a strutture narrative più complesse.
L’influenza del galvanismo sulla possibilità di ridare la vita ai cadaveri è l’ingrediente più interessante dell’intero romanzo.
Frankenstein e il Mostro.
Il Mostro e Frankenstein.
Due elementi imprescindibili, strettamente connessi.
Il dottor Viktor Frankenstein, reincarnzazione di Prometeo, che unisce mito antico e contemporaneo, il quale si rivela poi essere nient’altro che un blasfemo creatore di mostri; sfida l’universo, l’ordine delle cose, la scienza ma abusandone inconsciamente - o spregiudicatamente? - e cerca di giustificare il suo fallimento come uomo accusando la crudeltà della sua creatura.
Vittimismo ed autocommiserazione forse?
Poi c’è il Mostro.
La sua creatura dagli occhi acquosi, immersa nella solitudine, reietta dell’umanità, che si ribella al suo creatore. Il vero moderno Prometeo?

«Mi accusi di omicidio, eppure, con la coscienza a posto, distruggeresti la tua stessa creatura»

La bellezza di un classico sta proprio in questo: non dare mai una risposta univoca alle domande che inevitabilmente la lettura porterà a formulare.
Le chiavi di lettura sono e saranno sempre molteplici, stratificate, associate ad un elemento di variabilità individuale.
Un classico genera discussione, anche a distanza di secoli, ed impedisce di arrivare a chiudere un universo tanto sofisticato e profondo, perchè ha sempre troppo da insegnare.
E sarebbe un peccato perdersi così tante occasioni, non credi?


#Notedicarta
Sea Talk - Zola Jesus 

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