Ti ho chiesto io, creatore, dalla creta
Di farmi uomo? Ti ho sollecitato io
A trarmi dall’oscurità?
Paradiso Perduto, X, 743-45
Bisogna leggere i classici.
Quei classici brutti e cattivi che fanno tanto paura, perché datati e quindi obsoleti, inavvicinabili per un bagaglio culturale troppo ingombrante, per le analisi del testo approfondite e a volte fin troppo rigide, per il timore reverenziale accompagnato dalla sindrome del
chi-sono-io-per-leggere-Dostoevskij-Proust-Omero-chicchessia.
Ma del perché, tu lettore, dovresti leggere più classici e goderti la lettura con serenità e grande curiosità, parleremo più avanti nel tempo.
Oggi, se me lo concedi, vorrei invece proporti un libricino che, sì è un classico, ma è appetibile a chiunque e soprattutto, assai godibile. Un buon punto di partenza, insomma, se ti senti affetto da qualche strana patologia del lettore timoroso.
Sto parlando del celebre (
-issimo)
Frankenstein - il moderno Prometeo di Mary Shelley.
Sì, la trama credi di conoscerla a memoria, complici le numerosissime pellicole cinematografiche.
Sì, pensi di saperne già abbastanza, e poi l’horror non fa per te.
Ma, caro mio lettore, oggi ti dimostrerò che puoi leggere un classico di cui credi di sapere tutto e ricrederti, perché in fondo ti sei perso tante cose e perché potresti farti una tua idea che esula ampiamente dai manuali di letteratura.
(E io aggiungerei un ma ben venga!)